Cerco di ricomporre le idee dopo la presentazione dello scorso lunedi

Dinamiche di costituzione ed (auto)rappresentazione dei movimenti sociali
nei siti di Social Network
(ricostruzione(?) dello speech tenuto durante il primo incontro con il collegio docenti_14/06/2010)


L’analisi dei movimenti sociali potrebbe rappresentare un’utile prospettiva alternativa attraverso cui focalizzare l’attenzione sull’evoluzione storica della teoria generale legata allo studio ed all’osservazione scientifica dei fenomeni in Rete. In modo particolare, attorno al momento di passaggio da una fase “dialettica” nella considerazione e nel giudizio manifesto attorno ed a partire dalle prime analisi sul Web (“realtà vs rete”, “on line vs off line”) ad una dimensione “sintetica” (Rete = nuovo ambiente per la costruzione di relazioni e oggetti/testi capaci di produrre sia effetti “di realtà” che effetti “nella realtà”) mediante la quale anche la rete (e le dinamiche neorelazionali ad essa legate) hanno finalmente assunto dignità ontologica e scientifica. In altri termini, tale passaggio (significativo a livello di cambiamento di paradigma scientifico di riferimento), nella pratica, trova concertazione nel passaggio da un momento in cui il Web veniva considerato soprattutto come uno strumento utile al completamento/consacrazione di relazioni/esperienze/narrazioni che avevano luogo, prima e soprattutto, nella realtà esterna ad essa. D’altra parte, questo ricorso ad una “rete/strumento” ha sempre nascosto un giudizio di valore attorno a tutto ciò che aveva vita nel Web. Si è a lungo insistito, ad esempio, sul raffronto (anch’esso, caduto nella trappola dialettica!) tra legami forti e legami deboli. I primi legati alla lebenswelt, al mondo della vita di memoria habermasiana. Una realtà intesa come spazio per la naturale affermazione della(e) dimensione(i) più “umane” dell’individuo. Un territorio che, nel tempo, si è trasformato (almeno in relazione al proliferare di studi sul Web) piuttosto in un fortino da difendere dagli attacchi a quell’umanità provenienti dal(i) mondo(i) on line. I secondi, strutturalmente differenti, sono stati a lungo considerati di una qualità (e di uno spessore in termini di analisi scientifica) inferiore, perennemente accessoria e di secondo ordine. In questo momento (quello che, per comodità, abbiamo definito “dialettico”) la teoria legata alla sociologia della comunicazione, con particolare riferimento all’approccio tradizionale allo studio dei mass media (tv e stampa in modo particolare) paga evidentemente un doppio dazio. Sia verso se stessa ed un evidente appesantimento che le ha impedito di comprendere subito i margini di sviluppo legati all’evoluzione delle dinamiche di Rete; sia verso lo stato dell’allora evoluzione del Web che, ancora pochi anni or sono, non lasciava presagire con l’attuale nitidezza un successo ed una penetrazione sociale e culturale così decisiva.
Restando, tuttavia, sull’oggetto della presente ricerca (l’analisi delle dinamiche costitutive/evolutive di un movimento sociale in Rete), anche la progressione storica dei movimenti legati alla Rete mostra di aver fatto propria la distinzione tecnico-strategica cui si è fatto riferimento sopra. Di fatti, dall’iniziale nascita ed affermazione dei cosiddetti “movimenti antagonisti”, caratterizzati dalla capacità di fare gruppo sostanzialmente off line e trovare un “fluidificatore organizzativo” nella rete e, in modo particolare, nelle primissime applicazioni web (newsletter, mailing list, primi sistemi di chatting, siti web 1.0). Si pensi, in questo contesto, all’affermazione del primo movimento di proporzioni (potenzialmente) globali: i cosiddetti “No global”. Molti studi (Della Porta 2001, Ceri 2002, Bentivegna 2002) mostrano come, in realtà, esso si sia costituito tra la fine degli anni 80’ ed i primi anni 90’ a seguito dell’aggregazione di numerose ONG presenti negli Stati Uniti ed in nord Europa. L’adozione di sistemi d’interazione mediata da computer (C.M.C) è servita a loro, dunque, solo allo scopo di rafforzare e/o di implementare relazioni nate off line. La potenziale evoluzione di nuove relazioni, d’altra parte, è sempre stata ritenuta un’ipotesi minoritaria e, in ogni caso, in grado di alimentare solo “legami deboli”, nient’affatto strutturati o duraturi. Nel tempo, tuttavia, l’evoluzione di possenti dinamiche organizzative in Rete (si pensi solo agli esempi provenienti dalla rivoluzione iraniana, dai processi di costruzione/circolazione di informazione dal basso e dai flash mobs organizzati a scopo di contestazione commerciale) hanno permesso a quest’ultima, anche grazie all’evoluzione delle ormai note applicazioni collaborative “2.0”, di imporsi come un vero e proprio ambiente dotato di realtà, dignità, credibilità ed autonomia operativa. Dall’altra parte la teoria, che insegue la pratica delle relazioni nate on line, ha consolidato un approccio finalmente capace di tenere assieme i due poli un tempo ritenuti estremi e reciprocamente esclusivi: realtà e rete. Società e tecnologie camminano assieme, in una dimensione permanentemente complementare, co-evolutiva. Tale paradigma, legato alla più tradizionale teoria del modellamento sociale delle tecnologie (si veda, in proposito gli studi di Bell citati in Livingstone/Lievrouw), sembra aver portato a pieno compimento l’approccio di stampo culturologico allo studio dei mezzi di comunicazione (Morin, Eco, Abruzzese) che, nel corso della sua evoluzione storica, ha gradualmente restituito peso scientifico e capacità rielaborativo-creative al destinatario di tali comunicazioni che, ad oggi, viene effettivamente ritenuto capace di “agire” (act) in modo determinante sulle applicazioni di cui è, allo stesso tempo, un normale fruitore (si pensi, in proposito, alla filosofia che informa la nascita e la periodica implementazione di un social network come “Facebook”). Tra gli studi legati a quest’approccio (Reinghold, Silverstone, Ceri, Ito, boyd, Castells) vorrei riprendere quelli sulle culture fandom e le dinamiche di relazione all’interno dei fan groups di Henry Jenkins ed, in modo speciale, due concetti elaborati dallo studioso del MIT. Il primo è quello di “convergenza culturale” che, ribandendo quanto detto in precedenza, sottolinea in modo efficace l’abbattimento di distinzioni (tra realtà e rete, on line ed off line, tra media differenti) e la ridefinizione di un nuovo mondo in cui collocare noi stessi, le nostre reti di relazioni, il resto della società. Un mondo che si impone, in questo senso, come una realtà ibrida e di dimensioni pari all’intero globo (almeno potenzialmente!). Un nuovo spazio, permeato (e, in parte, costruito) da una combinazione straordinaria ed inedita di mass media, new media, comunicazioni ed informazioni di diversa natura che si incrociano e sviluppano forme ibride sia a livello tecnico (nuovi devices, Iphone, Web tv) che di contenuto (prodotti mediali concepiti e realizzati per dispostivi mobili, narrazioni prodotte dall’accumulazione di conversazioni nei social networks). Dentro tale concetto-ombrello ritroviamo, inoltre, quello (il secondo) di civic media. Ovvero, nel contesto della caduta di differenze di valore e reali tra ambienti già comunicativamente strutturati, emerge una stretta relazione tra questi scenari informazionali, un’evidente sovraesposizione dei soggetti a tali dinamiche e la possibilità che tale esposizione (e/o “partecipazione diffusa”) possa influire sulle forme dell’agire politico e della partecipazione alla vita sociale (on line ed off line). D’altra parte, se si prendono in considerazione le caratteristiche che, di solito, contraddistinguono un movimento sociale (policentricità, reticolarità, segmentazione e naturale distribuzione delle competenze) e le sia associa a quelle di cui sono dotate le piattaforme d’interazione di ultima generazione (interattività, alto grado di immersione, condivisione, collaborazione) emerge un vero e proprio “accoppiamento strutturale” tra questi elementi. Un accoppiamento che riassume in sé tutto il potenziale evolutivo e le possibilità di rielaborazione delle relazioni sia dei social networks (intesi come ambiente in cui riscrivere le regole della comunicazione), sia per quanto riguarda forme di agire comunitario come i social movements che decidono di affidare quote crescenti del proprio destino evolutivo alla Rete (invertendo il processo tradizionale “from off line to on line”). D’altra parte, è necessario ribadire che tale accoppiamento si rivela strategicamente rilevante, in particolare, da due punti di vista. Il primo è quello relativo all’implementazione di dinamiche architetturali connesse alla costruzione di un movimento in Rete (si pensi a come un social networks, attraverso un toolkit variegato, sia in grado di garantire una equidistribuzione di competenze, funzioni, azioni. Magari alimentandone di nuove grazie alle proprie caratteristiche tecniche). Da questo punto di vista, gli SnS si impongono come il collante per la creazione ed il consolidamento di un organigramma reticolare. Organigramma che rinvigorisce, d’altra parte, anche attraverso la produzione e la diffusione della linfa necessaria alla creazione di coscienze critiche e/o motivazioni all’azione: le informazioni. Per dirla in parole povere, i social network forniscono fondamenta, mattoni e calce per la costituzione di movimenti sociali in Rete. Quest’ultimo punto (relativo alla circolazione di informazione) trova conferma proprio nella ricostruzione degli studi attorno ai movimenti sociali cui si è fatto riferimento in precedenza. Molta parte della storia evolutiva dei primi movimenti legati al web ha messo in evidenza come questi ultimi ammantassero di significato politico anche l’uso di specifici mezzi tecnici per il confezionamento e la diffusione di informazione. Per cui, ad esempio, nell’ambito di una dialettica tra istituzioni ed i cosiddetti “movimenti antagonisti”, i primi erano naturalmente connessi ad i media di massa (stampa, tv, radio) e sviluppavano un correlato tipo di comunicazione; mentre, dall’altra parte della barricata vi erano i movimenti che utilizzavano le frequenza libere per la trasmissione di informazione via radio e/o tv ed, allo stesso tempo, adottavano le prime applicazioni web (mailing list soprattutto) per produrre informazione alternativa a quella del sistema, inteso nell’accezione francofortese del termine. Tuttavia, se si riflette sul modo in cui si è originariamente sviluppata la Rete (tradizionalmente connessa alle prime attività di hacking degli utenti meglio alfabetizzati all’uso della tecnologia), questa descrizione sembra un vero e proprio back to the roots che, ancora una volta, impedisce di superare i limiti contenuti in questa semplificazione teoretica per cogliere le autentiche potenzialità di ciò che sarebbe tanto riduttivo quanto controproducente definire con l’espressione “mezzo di comunicazione”. Si cercherà, alla luce di quanto sottolineato, innanzitutto di abbandonare ogni tentazione alla speculazione teoretica con finalità semplificatorie (i “buoni” abitano la Rete, i “cattivi” sono le corporations della comunicazione che controllano i mercati globali e/o viceversa), ogni esaltazione “technologically-orented”, così, come ogni pregiudizio nei confronti di ciò che ha luogo in questi spazi straordinariamente dotati di potenzialità rivoluzionarie in termini sociali, comunicativi, relazionali e narrativi. Ed, allo stesso tempo, si proverà a dare risposta ad almeno tre macro-quesiti relativi ad un oggetto di ricerca tanto complesso ed attuale quanto affascinante:
1) Come nasce, si articola e sviluppa un movimento legato a temi sociali che decide di affidarsi alla rete, con particolare riferimento ai social networks come motori di nuove dimensioni organizzativo/aggregative?;
2) In che modo, queste dimensioni neocomunitarie declinano concetti tradizionali come agire politico e partecipazione politica (ad esempio, osservando la pratica di costituzione/cooptazione di soggetti/prosumers, così, come la struttura funzionale alla trasmissione d’informazione ed alla ripartizione di priorità e responsabilità)?;
3) Come si oggettiva, alla luce delle suddette innovazioni tecno-sociali, il rapporto intersistemico tra “soggettività connesse”, istituzioni partitiche e media “main stream” (entrambi interlocutori naturali dei movimenti sociali in rete. I primi per ciò che riguarda le dinamiche tradizionali del coinvolgimento politico; i secondi per le modalità di costruzione dell’informazione attraverso il setting e la sincronizzazione di agende e temi)?;
4) Premesso che nell’analisi di oggetti complessi come i testi prodotti/fruiti in rete la triangolazione1 sembra risultare, ad oggi, la soluzione metodologicamente più sensata. Ci si chiede, in relazione all’oggetto della presente osservazione scientifica (incarnato in un caso di studi ancora da individuare), quale sia l’opzione metodologica più efficace nell’elaborazione di simili dati, così, come nella restituzione di risultati validi, efficaci e rappresentativi dal punto di vista statistico-matematico?

Nessun commento: