Il cattivo tempo alimenta riflessioni cattive (che non mordono niente e nessuno se non la mia coscienza!)....

Lo schifo della televisione italiana non ha più nessun confine. Il ritegno ed il contegno che, un tempo, spingeva anche i più laidi e luridi direttori di rete (e di partito) a ricercare i favori del pubblico anche attraverso una programmazione di qualità, con informazione vera, fatta da giornalisti veri oggi non esiste davvero più. La mancanza di inibizioni ad esibire schifo e questioni da salotto è la più lampante manifestazione di una assoluta mancanza di rispetto del pubblico medio del nostro paese. Non esistono quelle distanze (tra produttori e fruitori) che, forse, un tempo alimentavano una certa professionalizzazione del settore e, allo stesso tempo, garantivano informazione e programmi di autentica originalità e capaci di intercettare i gusti dei consumatori. Oggi, l’avvicinamento progressivo, il profilo da (finti) crooner assunto dai mezzo-busti dei nostri telegiornali nazionali ha reso tutto più vicino, confidenziale e scadente. Col mito per cui tutti possono tutto, la chimera delle infinite possibilità di realizzazione ha distrutto l’autenticità di un mezzo così come di quelli che vi si trovavano e trovano dentro. Ma siamo così sicuri che una democratizzazione senza confini equivalga ad una vera e generalizzata conquista di diritti? Secondo me stiamo condendo un po’ tutto con tutto. E la televisione, in questo sforzo chiarificatore, certamente ci è di intralcio più che d’aiuto. Nell’epoca della multiculturalità questa viene tematizzata (sempre dalla tv) come una trasversalità a tutti i costi, garantita e tutelata dalla legge. Ma perché? e, soprattutto, per il bene di chi? Se parla una parte, deve farlo anche l’altra. Si prendono temi storici di grande valore e li si mescola con storie personali per creare parallelismi originali. Così originali da fuorviare totalmente quel barlume di conoscenza che ancora si spera di ricavare dalla fruizione di un qualche programmino televisivo che, come un’oasi nel deserto, ancora resiste alle tempeste banalizzanti della televisione dei diritti e delle garanzie costituzionali ( che, mettendoli in forma di oggetto di dibattito sa salottino, ne smentisce e ridimensiona il valore degli uni e delle altre!). Sono piuttosto stanco di dichiararmi di una sinistra liberale se, quest’assoluta apertura, ha distrutto ogni confine, anche il più giusto e sottile. Sono stanco di proclamarmi come dotato di una giusta dose di buon senso perché questo, troppo spesso, viene confuso con xenofobia, odio della diversità, auto-alienazione, incapacità di tollerare la diversità (di discorso, di colore, di sesso, di religione). Ma certo, è ovvio. In tutto questo casino, è praticamente impossibile (oltre che di nessun significato per l’economia del sistema) tener conto e tirare ancora dentro distinzioni sottili, dialettiche di spessore. Troppo complesso, troppo lungo. Allora, è il momento in cui la globalizzazione democratizzante a tutti i costi tira dentro il suo opposto paradossale: il manicheismo facile, da fast food. Se sei di sinistra allora sei favorevole al matrimonio tra coppie omosessuali, sei per la pillola abortiva, sei vicino alle più sfegatate femministe, sei laico (al massimo, lievemente credente!), sei amico almeno di una lesbica e di uno di colore che ti lava i vetri al semaforo sotto casa. Sei favorevole alla migrazione indiscriminata. TI proclami vicino ai centri sociali e le manifestazioni violente ti piacciono, anche se non lo ammetteresti mai pubblicamente (mica sei un no-global?). Allora, tra nuovi snobismi e false indiscriminazioni diventi in poco tempo un perfetto soggetto da salotto televisivo, con tanto di bagaglio di frasi ad effetto per sorprendere gli amici in discussioni casalinghe o, al massimo, per dimostrare a tuoi un minimo di maturità intellettuale. Se sei di destra, ovviamente, è tutta un’altra storia. Poi, dopo tutto sto pippone, non riesco comunque a dimenticare l’accostamento mirabile, operato da Vespa a proposito delle leggi sull’immigrazione, tra Cota (che da cravatta verde acido è passato ad una verde culo di bottiglia quasi si vergognasse di appartenere ad una classe dirigenti fatta di ciucci parlamentari e porci governativi con tanto di ali!), Gasparri (sempre più macchietta di sé stesso) ed il critico d’arte Achille Bonito Oliva. Ma mi dite cosa cazzo c’entra un seppur rispettabile critico d’arte con dei politici e dei giornalisti riuniti per discutere di un tema tanto importante come l’immigrazione e la regolamentazione dei clandestini presenti nel nostro paese??? Vi prego, datemi una risposta di buon senso. La risposta, ad oggi, me l’ha data lo stesso Bonito Oliva che, intervenendo in proposito, dichiara che artisti, pittori e critici sono da sempre, naturalmente multiculturali. Perché? perché pittori e critici si spostano da un posto all’altro senza alcun problema, da una capitale europea all’altra. Sono aperti mentalmente, pronti alla contaminazione culturale e, in questo senso, sono precursori di un movimento che dovrebbe caratterizzare intere popolazioni. Non solo quella italiana. Ma che razza di snob è questo? DI cosa diavolo sta parlando? (ancora) che cosa c’entra? L’ho capito, ma, non voglio ammetterlo a me stesso. Le conseguenze che dovrei sopportare metterebbero a dura prova il mio cervello che, già ogni giorno, deve lavorare tanto solo per filtrare la merda presente in praticamente tutto quello che vede attorno a sé. Dentro, fuori, attorno e sopra l’università. Ma questa è un’altra storia. Forse.

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