Santoro e qualche riflessione spacciata per originale....

Stasera guardo Santoro in compagnia di amici e mi rifilano un mega-puntatone omnibus. Parte con lo sfogo personale di Michele, la mega-parentesi tra lo sconcertato, l'atterrito e la denuncia sociale sui preti pedofili in Italia ma anche negli Stati Uniti per, poi, concludersi con le solite vignette anti-governative di Vauro in diretta da casa sua (forse malato...).
Insomma, sarà perchè le chiacchiere mi confondevano, ma ho fatto fatica a ritrovare il bandolo della matassa di questa trasmissione. Un miscuglio di elementi, un tentativo (vano) di alimentare emozioni differenti e forme alternative di indignazione. il tutto condito da battutine, mezze ironie. Ma, d'altra parte è così, è lo show di Santoro. Non ricordo dove l'ho letto, ma, a volte, ricostruire il significato di parole (anche banali) può aiutare a capire come funzionano (ancora e di più) certe cose. "Show" non significa niente di più che "mostrare, rappresentare". E, di fatto, Santoro non faceva altro che mettere in mostra la propria potenza, la propria capacità di investire, di sviluppare ragionamenti complessi e, assieme a lui, si è assistito al solito spettacolo del giovedì sera in cui l'Azienda (la Rai) mette in mostra tutta la potenza dei propri investimenti. Tutti i migliori risultati dell'investimento dei soldi dei suoi abbonati. Ogni trasmissione, ogni galà, ogni manifestazione trasmessa in diretta, in fin dei conti, non è nient'altro che l'ennesima dimostrazione di forza di un'azienda che trasforma, come re Mida, i soldi in "oro (finto)culturale". Programmi di rilievo, docu-drama. fiction (ri)evocative dei principali avvenimenti storici del nostro paese. La tv pubblica è l'abominio della società. E, nello stesso tempo, il tentativo più riuscito di ricostruirla, comprenderla, mangiarla e, allo stesso tempo, superarla. Superare la realtà ricostruendola sulla base del miglior cast a disposizione (sempre gli stessi) e delle possibilità di investimento in trame e narrazioni politically correct. Così, stasera si è (ri)creata (per coloro che l'hanno appresa per la prima volta, si è appresa..) la narrazione della pedofilia all'interno di una parte del clero cristiano. E, cosa piuttosto raffinata, la narrazione è stata presentata con tutto il suo cast di attori (preti anziani, condannabili solo per l'aspetto da potenziali stupratori di bambini con cui vengono presentati!), giudici, colpevoli e vittime. E non ci si è fermati un solo secondo a chiedersi delle cause di quei gesti, analizzando la società (o quello stessso sistema ecclesiastico) che li ha effettivamente prodotti. Tutta questa ansia da prestazione, questa voglia di dimostrare a tutti i costi di avere in possesso l'ultima notizia-bomba prodotta dalla realtà (piuttosto strumentale come accezione della realtà. Della serie "l'ambiente, ciò che è fuori esiste solo in quanto posso cooptarne gli elementi che, di volta in volta, servono o sono ben disposti ad essere formalizzati in notizia, evento, fatto straordinario"): E, così, è accaduto nei confronti dei preti pedofili. Con tutto questo pippone non penso affatto che queste persone (vere e proprie bestie, in alcuni casi) siano esenti da giudizio ne, tanto meno, da condanne. Dico solo che, per capire meglio e davvero le cose che succedono attorno a noi (ai figli e ai figli dei nostri figli...) bisognerebbe, ogni tanto, dare la priorità al tempo. Quello della comprensione. Entrambi (tempo e comprensione) gli elementi, tuttavia, cozzano con necessità produttive (produzione di notizie per il consumo di massa), tempi e modi di presentazione della realtà. L'ingiustizia più grande, ad ogni modo, è perpetrata nei nostri confronti da un sistema che, sapendo di pesare sempre di più nella conoscenza del mondo che ci circonda, crede di poter supplire alla nostra capacità di organizzare/rappresentare questa realtà e, sulla base di un assunto non condiviso nè concordato ma perpetrato come abuso e pura ingiustizia, ci presenta un mondo intero confezionato in pillole, brevi, flash. Il mondo dei media assume questa presunzione come premessa per il proprio agire. Il sotto-sistema deputato alla produzione e distribuzione in serie di informazioni (dai giornalisti ai giornalai, ammesso che sopravviva un serio discrimine strutturato su priorità deontologiche e necessità etiche...) è davvero il culmine e la paradigmatica rappresentazione di questo colossale teatrino che non smette di stordirci. E noi lì, fissi, come monadi senza spina dorsale. Se penso a quanto siamo tagliati fuori dal "Mondo" che presumiamo di conoscere così tanto bene, avverto nelle mie ossa tutto il malessere di vivere una vita sintetica (così liscia da scivolarci serenamente sopra io stesso, tutti i giorni....) e, di fatto, non così tanto diversa da molte altre vive che, nel frattempo, vivono accanto alla mia così tanto serenamente da non lasciarmi più nessuna speranza di redenzione. A proposito di fede. Un'altro limpido sistema che sulla promessa di semplificare (semplificarci) la realtà non ha fatto altro che allontanarci da essa, riproducendone una ad hoc. Tutta nuova di zecca come una auto nuova di zecca. E, in effetti, a livello di necessità quotidiane, passa una leggerissima differenza. L'auto soddisfa i nostri bisogni, riflette i nostri istinti, colma le nostre più accese e recondite passioni. E' un oggetto mitico, carico (e caricato) di una storia e di un significato archetipale (basta guardare una qualsiasi delle pubblicità di auto, specie quelle di lusso!!). La religione, nella sua strutturazione (così come nella sua più recente apertura alla comunicazione, al marketing e la cura maniacale della propria immagine su cui, ad ogni modo, specula da quel dì!!), rappresenta la più antica e collaudata macchina pubblicitaria del secolo. Vendere idee, indulgenze e redenzione al prezzo di un'atto di conversione è quanto di più economico e soddisfacente sia esistito per interi secoli. Come il soggetto che, intervistato all'uscita del cinema (vedi Adorno che, in questi giorni, mi sta cambiando le percezioni e la vita!), invece di parlare del film esprimendo un giudizio in merito al contenuto, esclama "per due cents, questo sistema di permette di vedere un colossal costato milioni di dollari!!!!". Così, la religione per un piccolo voto (che investe in pieno la tua anima!), ti dona e rende parte di una Storia di miracoli e di un al di là ancor più magnifico. Cosa c'è, allo stato attuale, di più conveniente??. Ed è proprio questo il punto. Oggi ragioniamo quasi solo in termini di "convenienza del noi". L'abominio estremo della pura soggettività pensante. Da quanto Bacone, Cartesio e Kant (su tutti!!) ci hanno messo in testa la convinzione che spettasse ad ognuno di noi la possibilità, il potere di organizzare ed agire sul mondo che ci circonda. Lì è iniziata la vera rivoluzione dell'uomo. Lì ha avuto inizio quella condizione di propensione permanente ad un'illuminismo perfettibile che ha nutrito di tante false convinzioni, mistificazioni di massa e genocidi culturali la nostra umanità, contaminandone la natura essenziale. L'inizio della fine dell'essere. L'esaltazione più compiuta e raffinata dell'apparire (a tutti i costi). "Costi quel che costi". Compreso Santoro e tutto il suo rispettabile e terrificante carrozzone....

Mio fratello va a Torino.....

Proprio ieri ho fatto una chiacchierata con mio fratello Fabio mentre si trovava nel pieno della frenetica e ansiogena attività di auto-promozione degna di un giovane e rampante autore emergente quale lui è. Era a Torino. Fiera internazionale del libro. Migliaia di case editrici grandi, medie e piccole a caccia di sponsor, potenziali lettori e consumatori da catechizzare. Lotte fratricide per accaparrarsi lo stand più conveniente a livello strategico-logistico. E, dall'altra parte della barricata, centinaia di giovani e meno giovani. Affamati, indaffarati a lasciare centinaia di chili di biglietti da visita. Pochi minuti a disposizione e la pressante necessità di sembrare subito accattivanti, interessanti agli occhi di qualche editor, manager senza scrupoli del talento frustrato e declassato di questo mare di neonati venditori di emozioni. Ma chi lo ha detto che un giovane scrittore, che mi sono sempre immaginato immerso nelle benedette sudate carte o tormentato davanti allo schermo di un PC, debba anche possedere i requisiti tipici di un venditore?, il fascino, il carisma e la faccia tosta di imbonitore?. Tanto più se uno è bravo a scrivere, dove e quando è stato ritenuto essenziale anche sapersi vendere quel mercato di pesce-cane?. E, di fatti, posso solo immaginare il profondo imbarazzo che avrà provato mio fratello solo all'idea di incontrare professionisti tra le cui mani saranno passati centinaia di testi, centinaia di vite perse in una speranza, legate indissolubilmente ad un sogno mai divenuto realtà. Ebbene, è effettivamente dura presentarsi convinti di avere una idea originale, nuova ed in grado persino di attirare l'attenzione di questo genere di persone. Indaffarate, non meno dei primi, a procacciarsi affari, a celare dietro uno sguardo non meno fintamente convinto e sprezzante energia, la grande crisi che l'editoria sta attraversando. Una crisi inarrestabile e che, come una selezione naturale, lascerà sul campo non pochi cadaveri. I primi a morire, così come in natura, saranno i più piccoli, i più deboli. Quelli che si reggono su mercati di nicchia, collane sui viaggi, sulle arti marziali, fiabe per bambini, racconti fantasy per giovani mai maturati. E, tra tutte queste pubblicazioni, ci mettiamo pure quella di mio fratello. Tradito dalla sindrome della cartomante. E, nei panni della fattucchiera malefica, c'era la casa editrice che con aspettative di successo e fama ha nutrito il suo cuore, riempito di orgoglio la sua anima...Spero che questo post lo continui lui perchè, in fondo, è suo..Io penso solo che la nostra generazione è tanto priva di speranze, quasi, quanto della mancanza di coraggio per viverne.