MOVIMENTISMO...COSA CI HA RIDOTTI COSì???

Con l'onda lunga, lunghissima di occupazioni, manifestazioni con tanto di infiltrazioni fasciste, lezioni all'aperto e discorsi in piazza di rettori ravveduti. Con cotanto baillame ritornano un infinità di leitmotiv, alcuni più recenti, altri rispolverati da un vecchio armadio di cui non ci libereremo, credo, mai. Coscienza critica, libertà di pensiero, libertà d'istruzione, occupazione, autogestione, assalto alla democrazia ed un mare magnum di parole-chiave su cui sarebbero istruibili pipponi teoretico-filosofici di portata immane. In assemblee si discute ancora del significato di un movimento, ci si interroga sul colore politico che lo domina, sugli orientamenti futuri e gli obiettivi a breve termine. Tutto, dando per scontato che esista un vero e proprio movimento. Ma, sappiamo di cosa stiamo parlando? Siamo sicuri di saper bene, o, facciamo finta di non sapere quanta mole di coscienza davvero critica serva per la costituzione di un vero movimento. Un movimento studentesco, oggi, a parer mio, stenta a decollare e faccio fatica a ritrovare tutti i motivi, più o meno storici, della sua crisi infantile o, peggio, del suo aborto. La cultura pop, ma, partendo da un periodo storico più ravvicinato e contestualizzato, direi la riforma Moratti con la riorganizzazione del sistema universitario. Ecco. Quello è stato l'anno zero della breve ma intensa storia dei nostri laureifici, con insegnamenti raddoppiati, partnership pubblico-private. Ma, io non andrei tanto lontano e tanto nello specifico. Vorrei guardare agli effetti di massa, sulla vita delle persone, nelle menti dei giovani studenti, un giorno lavoratori. Il clamoroso livellamento verso il basso della valutazione delle competenze (di studenti e docenti), l'instaurarsi di un clima da trenta e lode garantito. L'assurdo meccanismo di valutazione della qualità dell'offerta di didattica che tocca anche il metro di valutazione dell'operato di uno studente, così come di un professore (sistema che produce più di un dubbio sul metodo, dato lo scarsissimo senso etico/deontologico e l'ancor più basso "dovere verso la professione" che sembra essere una costante di chi lavora nel settore pubblico, ancora per poco!!).
Valutazione, qualità, competenze, specializzazioni. Tutto sembra andare nel verso giusto.Si. Se ci si ferma ai nomi, alle etichette. Ma, se allunghi lo sguardo oltre il foglio, ti accorgi degli inganni. Dei titoli che si moltiplicano (lauree, master, tirocini, stage, dottorati, assegni, ecc...) e si indeboliscono di senso, di efficacia nella realtà. Figli di questo stato dell'arte (dell'arrangiarsi con poche risorse e tante menti da sfruttare) sono la miriade di giovani, giovanissimi neolaureati con un pezzo di carta da dover invidiare i "rotoloni regina" in morbidezza e consistenza dei materiali impiegati. Crediamo di essere pochi. Magari lo siamo ancora. Ma, da laureato, mi domando: quanto la mia professionalità è richiesta nel mercato del lavoro?, con quante persone ciniche e presuntuose come e più di me dovrà competere. E, ancor prima che possa materializzarsi l'idea di un dottorato mi chiedo: ma quanto vale essere raccomandati? la mia raccomandazione è, oggi, più o meno forte di altre?....Domande ben lontane dai discorsi sul merito ed un millantatissimo diritto allo studio, alla conoscenza.
Queste cose co hanno ucciso nel sonno, condannandoci ad un sonno definitivo. Ecco perchè oggi convivono in una sorta di "gruppo estemporaneo" (meglio del termine "movimento", c'è dentro troppa responsabilità, troppa storia, il che è un bene ma anche un male!!) convivono il nostalgico leniniano. Amante della filosofia, cresciuto a pane e Marx. Inculcato dalla famiglia, da un fratello maggiore ex rappresentante di istituto nello stesso liceo del più piccolo e ricordato dai più per una clamorosa occupazione (tutto torna). O magari dalla famiglia, da un padre sindacalista, da una madre impiegata. Una famiglia che sogna il paradiso, studia, vive i movimenti della società perchù ne costituisce l'essenza, vera. Il "romantico di sinistra", tuttavia, trova nell' "amico di Maria de Filippi" (il cui disinteresse latente ed un opposozione manifestata col silenzio ed un ingenua non-curanza, lo portano ad essere confuso con un giovane rivoluzionario di destra). A questo punto la lotta è impari ed unilaterale. Si, perchè il nostro romantico di sinistra si bette per un diritto all'informazione che l'amico di Maria de Filippi non avverte affatto come un problema. Ci si batte per la crescita di queste menti, per la maturazione di una coscienza critica. Mentre il nostro "amico" una coscienza critica se la sta già costruendo. Non per strada, in mezzo ai cortei delle manifestazioni. No. Seduto in pantofole o con gli amici con cui forma gruppi d'ascolto estemporanei in occasione di realty show, eliminazioni e fasi finali.....Non vivono da deprivati dei loro diritti più elementari. Non ritengono che l'università non contribuisca minimante alla loro crescita intellettuale. Anche perchè, dove finisce il ruolo delle università, inizia quello della Tv o di un utilizzo ben poco coscenzioso di internet, arma a doppio taglio per i più ingenui. Dall'altra parte abbiamo, invece, i "disillusi dalla realtà (politica, universitaria, familiare...)". Coloro che, pur impegnandosi, si vedono costantemente sottoutilizzati. Alcuni di loro si incazzano ancora,ma, altri, molti altri si accodano perchè sanno che è giusto farlo. Allora giù con le occupazioni, le manifestazioni di piazza...Ma con un pessimismo che, per la nostra generazione, è una condizione esistenziale trasformata ( o travestita) da filosofia di vita. Molto si è già visto e non fa che ripetersi davanti ai loro occhi. Manifestazioni, occupazioni, autogestione. Si percepisce la necessità di un cambiamento radicale,ma, non si sa come dare libero sfogo ad un malumore misto ad una profonda voglia di cambiamento. Per la serie: "So che le cose stanno così e fanno cagare. Le risposte del "nostalgico", come quelle dell' "amico di.." le ho già viste e vissute e non mi convincono affatto. Ma faccio fatica a trovare alternative anche se so che la risposta deve essere veloce ed evidente.. Allora, visto l'esistente, tanto vale accodarsi....E giù con le occupazioni...".
In questo terzo gruppo mi ci ritrovo abbastanza (anche, anzi, soprattutto perchè l'ho creato io). E immagino siano molti, tanti coloro che, pur sapendo che le risposte incisive ad un attacco manifesto al diritto alla conoscenza ed al futuro della ricerca debba percorrere strade ben più sensate di un'occupazione, faticano a trovare energie fresche per fare gruppo (movimento sarebbe utopico) attorno ad idee nuove, fresche......Credo che il potenziale rivoluzionario di un'azione (questo principio lo prendo in prestito dal giornalismo e, in tempi più recenti, dal marketing pubblicitario che, da si/no-global quale sono, dovrei boicottare...ma anche no!) risieda nel coefficiente di "novità dirompente" che apporta alla routinarietà della realtà nella quale irrompe.....Di come essa debba oggettivarsi lo lascerei determinare a qualcuno ben più pragmatico di....noi !!!!!.

1 commento:

Anonimo ha detto...

sì, vabbè, ma se non si agisce non si ottiene nulla, e al tempo stesso non si sbaglia e perciò non si impara...

e noi che facciamo? che stiamo facendo?


mf