Elezioni regionali 2010. Prospettive divergenti: il narrare, lo (stra)fare, il (troppo)pensare....

Queste elezioni sono state davvero una dimostrazione di forza. Ovviamente, e ancora una volta, della destra. Vince la Lega che conserva e, in alcune regioni, accresce il risultato già ottimo ottenuto con le scorse politiche. Il partito, prima costola oggi architrave della destra nazionale. Lo schieramento che, in qualche modo, riempie di contenuti e risposte. Misure che, in molti casi, a livello locale e nazionale, hanno fatto e fanno discutere ma che evidentemente sembrano rispondere ai bisogni, ai desideri nascosti di molti italiani. Specie nel nord, ma in progessiva ascesa anche tra le regioni del centro. L’incontro-scontro tra il Pdl di Berlusconi e il partito (una volta movimento) del “senatur” è piuttosto interessante. Da una parte, il cavaliere riesce a fare due clamorose operazioni narrative:
1) Alimentare un’immagine pubblica di vittima delle ingiustizie degli altri. E nella categoria “altri” ci possiamo mettere un po’ tutti. Toghe rosse, Corte costituzionale, Presidente della Repubblica, giudici, ecc…
2) In relazione alla scadenza delle elezioni regionali, essere riuscito a far passare l’idea che tale scadenza equivalesse soprattutto ad una sorta di prova di “mid term” all’americana. Per cui, spostando l’attenzione su di sé anziché sui candidati scelti per le singole regioni, è stato capace di spingere al voto di conferma un po’ tutti i suoi. Compresi, in modo particolare, gli astenuti potenziali ed i potenziali critici verso l’operato del governo votato la scorsa tornata.

La spinta fortissima alla personalizzazione e la costruzione di una narrazione della serie “l’eroe osteggiato che, alla fine, prevale” ha costituito un mix formidabile per prevalere anche questa volta. Il bavaglio imposto ai mezzi di comunicazione, d’altra parta, ha certamente fatto il suo gioco sia eliminando l’incombenza caratterizzata dalla presenza televisiva di potenziali avversari, che azzerando totalmente l’agenda dei media main stream corrispondente alla parole-chiave del tipo “governo”, “Tarantino”, “Berlusconi” con tutto il carico di scandali e scandaletti. Oscurantismo ed egocentrismo ammantato di narrazioni romantiche, insomma, hanno permesso al centro-destra (anzi, sarebbe proprio il caso di dire alla destra!) di prevalere anche in quest’occasione. D’altra parte, il centro-sinistra, tra spaccature interne, alleanze non volute e non cercate. Infinite fasi di riflessione interna, astensionismo e voto di protesta (vedi il movimento di Grillo, specie in Piemonte) ha fatto per l’ennesima volta la figura della Bella addormentata nel bosco. La politica da profilo sempre basso, costi quel che costi, è costata la vittoria pure sta volta. Una vittoria che, ad ogni modo, sarebbe stata contenuta e risicata visto il dato nazionale sui votanti e le medie relative ad alcune regioni. Alla narrazione del Silvio nazionale, il Pd è capace solo di proporre la figura di Bersani. Ottimo tecnico, uomo di contenuti, abile traghettatore, ma, privo del carisma di un leader. Se pensiamo, poi, che sin dalla sua nascita il PD si è sempre servito di pseudo-leader che erano e sono piuttosto dei leader a progetto, allora, capiamo ancora meglio tutto il senso di questa sconfitta che sarebbe più opportuno definire una riedizione delle ultime politiche, con risultati più contenuti a causa del calo vistoso di elettori affluiti alle urne. L’Italia dei Valori, noto partito “del fare” (specie a livello locale), toglie voti all’ex-Udeur (che raccoglie solo briciole!), al Pd. Insomma, un po’ a tutti e così come alle politiche, ottiene il miglior risultato relativo dell’intero schieramento di sinistra. Si tenga, inoltre, in considerazione la tipologia media di elettore di sinistra e di destra. Il primo, si potrebbe dire purtroppo ancora una volta, si è dimostrato estremamente lucido, riflessivo e, se il caso, anche molto critico. Così si spiega il risultato positivo del movimento di Grillo che, per quanto si proclami fuori dal partitismo nazionale, ha certamente un’impronta di sinistra ed alla sinistra democratica ha tolto una buona fetta dell’elettorato tradizionale. Un elettorato che certamente dimostra di non aver affatto paura di perdere, così come di punire senza mezze misure il partito di riferimento. Astensionismo, voto disgiunto (si veda ancora il Piemonte sul tema) e radicalizzazione del voto hanno certamente punito il PD. Con risultati ottimi dei partituncoli-satelliti o potenziali tali che lo circondano. L’elettore-tipo della destra ha dimostrato, al contrario, una minore lucidità che gli consentisse di giudicare il proprio leader sulla base dei risultati raggiunti. Un elettore pavloviano, che vota di riflesso se ben stimolato. Una stimolazione che, vale la pena ribadirlo, soprattutto emotiva, quasi istintuale. Il leader “vittima da proteggere”, il leader “delle promesse” (che alimentano speranze, e differiscono all’infinito tutte le attese). Il votante medio è, dunque, figura dalle forti connotazioni sentimentali che, d’altra parte, s’impersona direttamente con la figura del cavaliere. Per cui la stima ed un istinto empatico- protettivo si fondono e, nella persona del votante medio, arrivano a confondersi. Ci domanda, a questo punto, la ragione dove sia. Dov’è la razionalità che valuta operati e programmi?...Così ritorna a bomba il senatur della Lega. Colui che è riuscito a spostare voti, non tanto togliendoli alle forze di sinistra, ma, strappandoli letteralmente al Cavaliere del Pdl. E’ nelle regioni in cui la gente che ha sempre votato Pdl ha, ad un certo punto, deciso di radicalizzare la propria posizione (magari per punire l’uno e premiare l’altro) spostandosi sulla Lega che è subentrata finalmente la ragione. Una ragione che ha consentito di valutare programmi, le figure dei candidati, esprimendo posizioni “critiche” nel momento del voto. Così spieghiamo il successo di Zaia, forse un po’ meno quello di Cota in Piemonte. Ma, certamente lo spostamento c’è stato. Ed andrebbe forse interpretato come l’espressione di un sentimento diffuso di malcontento verso il governo nazionale, manifestamente punito a livello locale. Per cui, a partire da questa tornata, entrambi gli schieramenti dovrebbero aprire una lunga fase di riflessione. La destra rinegoziando gli equilibri interni (tenendo conto dell’avanzata della Lega, ma, anche della presenza strategica degli ex-An). La sinistra che, proprio durante la tornata elettorale, sembra aver continuato a riflettere, dovrebbe ripensare ai propri equilibri interni ed esterni. Ma, vale la pena di ribadire anche questo, dovrebbe iniziare i casting per il reclutamento di un leader degni di questo titolo. E poi basta con i profili bassi. Vogliamo politici dinamici e corretti. Determinati, ma, non viscidi. E, ad ogni modo, finalmente capaci di non farsi mettere i piedi in testa ad ogni salotto televisivo in cui si presenti un contraddittorio. Ora basta.

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